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La strada fu effettivamente piuttosto lunga. Gli ci vollero dieci giorni di cammino per arrivare a Talen.
Li percorse quasi tutti nei boschi.
Solo all’inizio si avvicinò, nottetempo, ad una fattoria isolata per rubare un po di provviste dal magazzino per il mercato. Poca frutta e carne secca che si fece bastare per tutto il viaggio. D’altra parte, durante il pellegrinaggio nei boschi, poteva raccogliere bacche e frutti selvatici che mangiava strada facendo.
Finalmente all’imbrunire del decimo giorno si fermo sulla cima di una piccola collina alberata a studiare la propria meta.
Talen era l’unica vera città del Kushavir. Al centro, su una larga collina, sorgeva il Palazzo del Precettore, con la caserma e gli altri uffici amministrativi. Intorno a questi c’era il nucleo originale della città, cinto da mura, con ancora la Porta Principale guardata dalle Guardie del Precettore. Tutt’intorno i nuovi quartieri erano sorti e si erano sviluppati caoticamente fino a far diventare l’originario borgo una città di rispettabili proporzioni, divisa in due dal principale fiume della regione, il Kilern, che scendeva dai monti a nord per gettarsi nel lago Citalo a sud della città.
Nella parte a nord c’era il quartiere commerciale, con la grande Piazza del Mercato e le vie degli artigiani. Poco più discoste sorgevano le ville dei ricchi mercanti. Di quando in quando si aprivano tra le case piazze più o meno grandi con locande e ricchi negozi.
A sud, affacciata sul lago, sorgeva la zona portuale, con i grandi magazzini, da cui le chiatte fluviali partivano per raggiungere il mare attraverso l’emissario Kilay, un fiume stretto e veloce, ma navigabile. Intorno a questa il caos di stretti e bui vicoli della suburra dove si accalcavano i meno fortunati di ogni città. Operai e scaricatori, cameriere e mulattieri, muratori e carpentieri convivevano con ladri e prostitute, mercenari ed assassini. Sulle strette piazzette si affacciavano locande a basso prezzo e postriboli. Era questo il pulsare di vite vivace e disperato che lui ben conosceva e cercava.
Tutt’intorno c’erano fattorie e campi coltivati attraversati dalla strada principale del Kushavir che entrava nella città da est per continuare ad ovest verso la costa.
Si prese tutto il tempo necessario per studiare, con la massima attenzione, la città ed il percorso migliore per raggiungere inosservato la sua meta, prendendo metodicamente nota di tutti i punti di riferimento principali.
A notte inoltrata si incamminò cautamente verso la suburra.
Seguiva il percorso prefissato con prudenza, da una macchia di alberi all’altra, da un fienile più isolato ad un muro, facendo attenzione a rimanere sempre coperto. Con calma raggiunse la periferia sud della città e si immerse tra i vicoli bui.
Dopo tanto tempo si sentiva, finalmente, a suo agio. Ombra tra le ombre raccoglieva istintivamente indicazione dai rumori e dagli odori che lo circondavano. Il vociare dietro un angolo, una piazzetta. L’odore di vomito e cibo stantio, il retro di una bettola.
Cercava il movimento di esseri furtivi verso il fioco lucore dietro le imposte chiuse che indicava quei negozi, aperti a qualunque ora del giorno e della notte, di cui aveva bisogno.
Il rumore di metallo battente lo spinse ad affacciarsi cautamente dallo spigolo del muro più vicino.
In una piazzetta buia, una figura si stava difendendo da quattro attaccanti.
Era palesemente una donna. Addossata ad un muro cercava di tenere a bada gli aggressori con una daga in una mano ed una man gauche nell’altra. Usava la daga in affondi di punta mentre roteava lo stiletto in rapide parate e feroci contrattacchi.
La scena si svolgeva nel più completo silenzio. Gli assalitori stavano avendo la meglio. La donna, nonostante la chiara abilità, mostrava le ferite subite nei movimenti contratti degli arti. Gli occhi dell’Ombra registrarono rapidamente l’abbigliamento della donna. Mantella con cappuccio, giustacuore di cuoio leggero, stivaletti di morbida pelle. Una ladra.
Senza pensarci un attimo di più entro in azione. Piombò addosso all’assalitore più vicino estraendo la spada e calandola con un solo fluido movimento. Colto alla sprovvista l’uomo fu falciato. Immediatamente la spada brillò di luce azzurrina mentre il sangue della vittima schizzava tutto intorno.
Ombra fu percorso da un dolore violento, sentì fisicamente la morte dell’uomo percuotergli il corpo come una frustata. La nausea gli offuscò gli occhi, ma la lama lo spinse in avanti come viva.
Il secondo avversario cadde quasi istantaneamente, con un braccio e la testa mozzati da un terribile fendente dal basso verso l’alto. Il dolore si ripeté amplificato. Ad ogni morte moriva anche lui. Quella strana sensazione che aveva provato uccidendo gli orchi la prima volta esplodeva, ora, amplificata nel suo stomaco e nella sua mente. Allo stesso tempo i muscoli sembravano prendere forza e velocità dalla spada ad ogni colpo che tirava.
Il terzo aggressore si era ormai girato per fronteggiare il nuovo attaccante. Tentò di parare il colpo in arrivo, ma la lama dell’Ombra si abbatté sulla sua con forza tremenda spezzandola e trafiggendogli le carni in un bagliore accompagnato da un gemito appena percettibile.
La donna colpì velocemente l’ultimo aggressore rimasto nel momento stesso in cui questo veniva distratto dall’incredibile assalto e si girò a fronteggiare, con timore e curiosità, l’uomo che gli aveva portato un così inaspettato aiuto. Un attimo prima stava per abbandonare definitivamente il mondo dei vivi ed ora guardava quello strano guerriero che giaceva piegato su se stesso contro il muro. Con efficienza ripulì le lame insanguinate e le fece sparire sotto la mantella, poi si avvicinò cautamente all’uomo.
Sedeva rannicchiato anche se non sembrava ferito. Sentì il suo respiro affannoso e con cautela si avvicinò e gli scostò il cappuccio. La testa era racchiusa da un elmo compatto, con para naso e strette feritoie. Glielo sfilò lentamente per farlo respirare meglio e con la curiosità di vedere il suo inatteso salvatore.
L’uomo stava piangendo.
“Cosa succede, per la madre di tutti i ladri, un guerriero come te è ben abituato ad uccidere e non frigna per una ferita. E tu non sei ferito affatto.”
“Chi o cosa sei. Forse un demone dei ladri? Beh, come sia sia mi hai salvato la vita e non possiamo rimanere qui. Ti aiuto ad alzarti e vieni via con me o sparisci come sei apparso?”
L’uomo allungò lentamente una mano e la donna lo aiutò ad alzarsi portandosi il braccio sulle spalle e facendo leva con il corpo. Così sorreggendolo si avviò lentamente verso il fondo del vicolo più vicino, mentre in mano teneva ancora l’elmo.
A poco a poco, l’uomo cominciò a riprendersi. Si poggiò ad un muro, trasse un profondo respirò e le sfilò l’elmo dalla mano.
“Grazie” disse.
“Grazie a te” rispose lei. “Certo che sei strano” continuò la donna. “Prima piombi nel mezzo di uno scontro come un demone vendicatore, in un attimo fai un macello con quella spada che manda lampi e poi ti metti a piangere come un ragazzino. Non so se fidarmi o avere paura di te. Si può sapere chi diavolo sei. Un essere umano od un ‘ombra uscita dalle tenebre?”
“Ombra” rispose lui. “Chiamami Ombra”
“Io sono Kila….Ombra. Ma ora vieni, dobbiamo andare in un posto sicuro. Quelli potrebbero non essere i soli che mi cercano.”
Lo guidò rapidamente nel labirinto di vicoli fermandosi, di tanto in tanto, ad ascoltare i rumori della notte o per sbirciare dietro gli angoli che, evidentemente, riteneva più pericolosi.
Dopo un tempo imprecisato Kila si fermò davanti ad una porta, che si affacciava su un vicolo, se possibile più buio e stretto degli altri. Estrasse una chiave ed armeggio con la serratura. In un attimo furono dentro.
Con calma lei accese una fioca lucerna e Ombra poté vedere che si trovavano in piccolo e modesto appartamento.
Le finestre erano sbarrate e, come la porta, ricoperte da pesanti drappi scuri così che la luce non poteva trapelare all’esterno. Una parte della stanza era occupata da un tappeto liso circondato da grandi cuscini e con al centro un basso tavolo. Ad una parete era appoggiato un solido armadio. Da un lato della stanza c’erano un focolare ed un acquaio incassato nel muro, dall’altro si apriva una porta che dava su un altro locale.
“Da quella parte c’è la camera da letto.” Indicò Kila.”Oltre, se ti serve, il bagno. Intanto io mi rappezzo alla meglio i graffi”.
“Si credo che mi serva.” Disse Ombra e andò a sciacquarsi la polvere ed il sudore.
Quando tornò nella stanza principale la sua ospite aveva vari bendaggi, aveva già raccolto tutto quello che riteneva necessario in un piccolo zaino e lo stava aspettando seduta a terra davanti al tavolino dove aveva appoggiato qualche cosa da mangiare. Frutta secca, un pezzo di formaggio e una bottiglia di vino di basso prezzo.
Quando Ombra tornò nella stanza principale la sua ospite aveva vari bendaggi, aveva già raccolto tutto quello che riteneva necessario in un piccolo zaino e lo stava aspettando seduta a terra davanti al tavolino dove aveva appoggiato qualche cosa da mangiare. Frutta secca, un pezzo di formaggio e una bottiglia di vino di basso prezzo.
Gli occhi di Ombra corsero alla sua roba accatastata in un angolo. “Stai tranquillo”. Disse Kila.”Sono una ladra, ma anche noi abbiamo un codice d’onore. Non derubo chi mi aiuta. Siediti e mangia qualche cosa, non è molto ma abbiamo poco tempo, chi mi cerca arriverà presto anche qui, anche se credo che non si aspettano di certo che i loro sicari hanno fallito e sono morti”.
“Chi ti vuole morta e perché?”
“Nella gilda dei ladri di Talen è in corso una guerra di potere”. Cominciò a spiegare la ragazza. “La banda di Golais il Viscido è diventata molto potente controllando il traffico delle droghe ed il quartiere dei ricchi. Devono essere riusciti a corrompere qualcuno di molto importante nella guardia cittadina per poter agire quasi indisturbati in quel quartiere, probabilmente uno con il debole per qualche droga esotica.
Sono una dei Topi di Elvin il Guercio. La mia banda si è messa dalla parte sbagliata. Noi agiamo nella suburra ed eravamo alleati del Laido che controllava il porto. Ma il Laido ha preteso una quota troppo alta sulle droghe del Viscido che venivano scaricate di contrabbando dalle navi. Così Golais si è messo d’accordo direttamente con i contrabbandieri ed ora sta facendo piazza pulita degli avversari. Noi siamo una banda minore e quando abbiamo capito il nostro errore era troppo tardi. Ci stavamo preparando a cambiare aria per qualche tempo quando ci hanno chiuso l’accesso alle chiatte del fiume ed ora ci stanno attaccando.
Devo raggiungere gli altri, se sono sopravvissuti, e decidere cosa fare. Con i contrabbandieri alleati del Viscido il porto di Elmar ci è precluso”. Sospirò Kila. “Che mi dici di te? Ti fai notare un po’ troppo con quella spada, ma non mi sembra la tua intenzione”.
Ombra soppesò la ragazza per qualche tempo in silenzio poi lentamente cominciò a delineare l’idea che gli era venuta in mente. “Hai ragione. Volevo entrare e uscire dalla città indisturbato, ma evidentemente la Giocatrice ha deciso diversamente.” Fece una pausa guardando la ragazza. “E va bene. Forse potremmo aiutarci reciprocamente. Ho bisogno di un ricettatore sufficientemente onesto per piazzare alcune cose di pregio in mio possesso, di abiti nuovi e di un fabbro per risistemare la mia armatura”.
Kila, che lo stava guardando con attenzione, annui. “Si, mi sembra giusto. Hai modi da signore, ma ti muovi come un ladro. Ed ora che posso guardarti meglio vedo che i tuoi vestiti sono lisi e hai usato roba degli orchi per rabberciarti l’armatura. Di sicuro una tua passeggiata per la città desterebbe troppa attenzione. E forse è troppo chiederti spiegazioni”.
“Si, è troppo e troppo difficile da spiegare, ma se mi aiuti posso offrire un posto sicuro per te ed i tuoi amici”. Ombra lanciò l’offerta e attese.
“Mi hai salvato dai sicari e capisco che potresti uccidermi in qualunque momento, ma non lo hai fatto, ed io sono in un mare di guai, quindi devo fidarmi di te. Va bene, ti aiuterò, ma devo sapere tu chi sei e quale è il posto sicuro che mi stai offrendo?”.
“Ho una piccola fortezza ad est a circa dieci giorni da qui. È un po’ malmessa ma, con un po’ di aiuto, si potrebbe trasformare in un buon rifugio”.
“Non ci sono fortezze ad est, neanche mal messe. In quella direzione si va verso il territorio dei nani e non conosco alcun signore con un feudo da quelle parti. Ci sono solo piccoli villaggi di contadini prima di arrivare alla Porta dei Nani”. Kila si rabbuiò. “Raccontala meglio straniero”.
“E va bene. Io sono il signore della Guglia Nera”. E le mostrò l’anello preso dal feretro del vecchio signore.
“Fuggo dagli assassini e mi ritrovo con un demone. Così si spiega la tua abilità in combattimento e le tue stranezze”. Sospirò Kila. “La tua spada è incantata vero? Tu evochi vecchie leggende di terrore. E va bene, non so come sia possibile e non ho il coraggio di farti altre domande, le tue risposte potrebbero non piacermi, ma per quanto mi riguarda, mi hai salvato la vita e preferisco allearmi con un demone che finire ammazzata in questa latrina di quartiere. Però non so come la prenderanno gli altri”.
“La mia offerta è onesta”. Disse Ombra fissandola negli occhi.
“D’accordo, ma non far vedere troppo quell’anello in giro o, al posto di qualche sicario, ci troveremo addosso l’intera guardia cittadina. E ora andiamo, la notte è breve e abbiamo ancora troppe cose da fare. Per prima cosa andremo dal mio ricettatore”. Disse Kila uscendo da casa ed incamminandosi tra i vicoli bui. “È il più onesto che conosco, se mi sono spiegata… Non abita lontano da casa mia ed ai miei amici la vista di un po’ di oro farà sicuramente colpo”.
Dopo un breve tragitto guardingo e silenzioso i due arrivarono in un vicolo cieco, se possibile, più buio e sporco degli altri. Kila tirò una cordicella che pendeva su una porta sgangherata. Non si udì alcun suono, ma dopo qualche istante la porta scattò e si aprì di uno spiraglio. Entrarono dentro rapidamente e la richiusero alle loro spalle.
L’ingresso era buio e stretto ma una fioca luce filtrava da una tenda in cima ad una breve scala. Scostata la tenda si trovarono in una larga stanza pervasa da una luce soffusa. Un uomo grasso in vestaglia, che giaceva su un largo divano spiluccando frutta secca da un vassoio, gli fece cenno di sedersi su due poltroncine. “Il negozio è aperto e siamo qui per fare affari”. Sentenzio il ricettatore, pio si rivolse alla ragazza. “Ciao Kila, non credevo di vederti. Corrono strane voci, qualcuna diceva che eri già morta”.
“Come puoi vedere, Raskan, sono solo chiacchiere”.
“Sarà, ma se vuoi i miei servigi sbrigati e vedrò di trattarti il meglio possibile in ricordo dei tempi passati, ma poi vai via in fretta. Mi spiace ma i guai sono nemici degli affari. Allora, cosa mi hai portato”.
“Non io, ma il mio amico chiede i tuoi servigi”.
Gli occhi di Raskan si posarono rapaci ed inquisitori su Ombra. “Amico, parola grossa per uno sconosciuto mai visto in città. E non cercare di rifilarmi qualche stupida storia straniero, non accade nulla in questa città senza che mi arrivi qualche voce e tu sicuramente sei nato in questa notte infame. Ieri non esistevi a Talen. Nel mio mestiere non si fanno troppe domande, ma si devono capire subito molte cose e tu… Tu sei strano e pericoloso. Una notte interessante. Posso chiedere con chi ho sto trattando?”.
“Sono Ombra”.
“Come sospettavo sei un’ombra. Bene Ombra, cosa posso fare per te?”.
“Ho alcuni beni di famiglia da vendere a chi sa apprezzare questi oggetti antichi”. Disse Ombra. “E tirò fuori l’argenteria presa nella rocca”.
Il ricettatore cominciò a valutarli con attenzione uno ad uno. “Antichi, molto antichi e di ottima fattura. Devi essere di famiglia nobile… E venire da molto lontano. Devo dedurre che questi oggetti non hanno parenti in città che si possano dolere della loro vendita?”.
“Puoi stare sicuro. Sono puliti”.
“Sempre più interessante. Posso farti un buon prezzo. Hai altro?”.
“Si, queste pietre”. Ombra estrasse dal sacchetto delle monete le pietre preziose.
Gli occhi di Raskan si fecero ancora più attenti.
“Kila mi sorprendi sempre di più. Ti credevo morta e mi arrivi in casa con un ricco nobile. Il tuo amico sembra pulito, ma tu scotti, se mi venite incontro con il prezzo possiamo fare un buon affare”.
“Quanto….incontro?”. Chiese Kila.
Fiutando l’affare Raskan cominciò un ragionamento meditabondo: “Diciamo che se la vendite avvenisse in una situazione normale potrei darvi fino a….vediamo..sessanta pezzi d’argento per l’argenteria e centocinquanta pezzi d’oro per le pietre, ma vista la situazione..facciamo cinquanta pezzi d’oro per tutto”.
“Andiamo via Kila”. Disse tranquillamente Ombra, e cominciò a raccogliere la merce sparsa sul tavolo.
“Senza fretta”. Incalzò il ricettatore. “Non credo che altri possano essere ben disposti verso di voi quanto me in città. Vero Togar”. A quelle parole un gigante si fece avanti da dietro una tenda. Era un mercenario grosso come un bue selvaggio con al fianco daga e mazza chiodata. I muscoli si gonfiavano mentre contraeva le mani e ruotava, con uno scricchiolio di scioglimento, la testa.
“Kila conosci Togar, la mia guardia del corpo? Si innervosisce quando i miei clienti diventano scortesi”. Disse mellifluo Raskan mentre guardava avidamente il tesoro sul tavolo. “Sono sicuro che vorrete rivedere la mia offerta. Non andavate di fretta?”.
Ombra si limitò a spostare la mano in una posizione migliore per estrarre la spada, mentre Kila sibilò: “Attento Raskan questa volta nella tua rete potrebbe essere finito un drago di palude e non un pesce”.
Togar tentò di aggirare il tavolino impugnando sia la daga che la mazza. Ad Ombra bastò toccare l’elsa della spada perché nascesse quella simbiosi che gli stava diventando familiare. L’arma scivolò fuori dal fodero ad una velocità incredibile, tranciò di netto la mano sinistra del gigante e si abbatté di piatto sulla sua tempia facendolo cadere al suolo tramortito.
“Ti avevo avvisato Raskan”. Disse Kila. “Ed ora, torniamo agli affari. Quanto hai detto che eri disposto a pagare?”.
“Ho solo cento pezzi d’oro e cinquanta d’argento, se volete essere pagati subito, mi deve rimanere qualche cosa in cassa per gli affari. Domani potrei farvi una offerta migliore.” Azzardò pallidissimo.
“Stai diventando troppo avido Raskan. Pagaci quello che hai e…. Ancora una cosa Raskan”. Aggiunse Kila pensierosa. “Il mio amico si e macchiato i vestiti, cosa hai in mezzo a tutta questa roba per permettergli di cambiarsi? Non vorrai che si parli male della tua ospitalità, vero?”.
Il ricettatore divenne paonazzo, ma indicò alla ragazza una cassa. Rapidamente Kila vi frugò dentro prendendo alcuni capi di abbigliamento che infilò in un grosso sacco trovato li vicino.
“Ora il prezzo è giusto”. Disse soddisfatta. “Senza che torniamo a disturbarti domani. Sai com’è, potresti farci una offerta garantita dai sicari di Golais”.
“Cerco di fare al meglio i miei affari, ma sai che se tradissi i miei clienti nessuno mi riterrebbe più attendibile”. Farfuglio il mercante mentre porgeva due sacchetti tintinnanti ai suoi ospiti.
Ombra li prese e li infilò nella sua sacca. “Il nostro primo incontro non è stato dei migliori spera che il prossimo sia più cordiale. E salutami il tuo mercenario se sopravvive”.
Si girò ed uscì rapidamente con Kila.
“Sono tutti così i tuoi amici?” Disse appena furono tra i vicoli.
“Solo quelli troppo avidi e tu non mi avevi detto che ti portavi dietro una piccola fortuna. Ora dobbiamo sbrigarci a raggiungere i miei compagni che dovrebbero essere in un posto relativamente sicuro”. Rispose Kila affrettando il passo. “Raskan ci venderà al Viscido appena possibile per poter rientrare delle spese della nottata e tu non passi inosservato. A proposito, sei velocissimo con la tua spada, come mai non hai ucciso il mercenario?”
“Non ce n’era alcun bisogno”. Rispose laconico Ombra.